Tra gli interventi più richiesti negli ultimi anni, possiamo di certo considerare la falloplastica come quello che genera maggiore curiosità e interesse. Di cosa si tratta esattamente? Con la falloplastica si interviene sul modellamento del pene in due modalità: il suo allungamento o l’ingrossamento. Vediamole in dettaglio. Per entrambi gli interventi, va detto che la necessità di sottoporsi ad un intervento di falloplastica può essere dettato sia da un bisogno estetico che emotivo, ovvero legato alla brevità della misura che condiziona i rapporti sessuali.
Nell’allungamento si interviene chirurgicamente sul legamento sospensore, il quale viene reciso e poi ricucito. A seconda delle dimensioni di tale legamento si può ottenere un aumento in lunghezza che va dai 2 ai 4 cm (maggiormente percepibile con il pene a riposo). Talvolta a questa procedura può essere associata con successo una liposcultura che va ad agire riducendo la quantità di grasso della zona pubica, a causa della quale avviene un vero e proprio affondamento del pene, che visivamente viene percepito di dimensioni più ridotte di quanto non sia in realtà. Per quanto riguarda l’ingrossamento, invece, si procede generalmente prelevando materia adiposa autologa (ovvero, proveniente dal paziente stesso) che viene iniettata nel pene, conferendo un ispessimento che può arrivare fino al 30% del diametro originario.
A questo tipo di intervento si sottopongono uomini di tutte le età. La fascia maggiormente incline ad intervenire sulle dimensioni del proprio pene va dai 25 ai 40 anni. Di questi pare che i due terzi dei pazienti vivano un vero e proprio disagio legato alle dimensioni del proprio pene, il restante terzo ammetterebbe di sottoporsi all’intervento per mere ragioni estetiche. La cosiddetta sindrome da spogliatoio, ovvero il continuo raffronto tra le dimensioni del proprio pene e quello altrui, può incidere sulla propria autostima qualora non si posseggano dimensioni propriamente alla Rocco Siffredi.